Sport paralimpico in Puglia: intervista a Gianni Romito, presidente del CIP regionale

Sei stato uno dei primi atleti paralimpici in Puglia. In che modo questa esperienza da atleta ha influenzato il tuo impegno di oggi verso lo sport paralimpico?
Io provengo da una vita normale. Nel 1982 ho avuto un incidente stradale e grazie allo sport sono riuscito ad affrontare meglio la vita quotidiana, la vita sociale, insomma la vita in generale di una persona con disabilità, in particolare con una lesione midollare. Lo sport mi ha dato forza, equilibrio e la possibilità di reinserirmi nella società con maggiore fiducia.

Sei stato presidente di HBari 2003, la prima e unica società di basket in carrozzina nella provincia di Bari. Raccontaci la tua esperienza.
Oggi sono presidente del CIP Puglia - Comitato Italiano Paralimpico - ma la mia esperienza da presidente di HBari 2003, durata 25 anni, è stata fondamentale. Abbiamo lavorato sul basket in carrozzina e su attività di psicomotricità rivolte a persone con disabilità intellettiva, utilizzando la pallacanestro come strumento di intervento psicoterapeutico: un progetto unico in Italia. Questa lunga esperienza mi ha permesso oggi di affrontare con maggiore consapevolezza le sfide del nuovo ruolo. Sono impegnato su tutto il territorio pugliese per dare più forza e valore allo sport paralimpico e per sostenere le associazioni che promuovono l’attività sportiva per le persone con disabilità, accompagnandole fino allo sport agonistico paralimpico.

Quali sono le principali sfide che affrontano oggi le ASD che promuovono sport paralimpici?
La prima sfida è sicuramente quella economica. Servono più risorse dai territori, perché la gestione di un movimento paralimpico richiede costi elevati. 
Per una squadra di basket in carrozzina, ad esempio, servono più operatori, mezzi di trasporto adeguati alle carrozzine sportive, autisti e tutto ciò che comporta la gestione di una società sportiva. 
Il mio impegno oggi è quello di sostenere i territori, cercare la condivisione da parte dei Comuni e ottenere più risorse economiche per le ASD che si occupano di sport paralimpici.

Quali sono i benefici fisici e psicologici per i ragazzi e per le famiglie stesse?
Dal punto di vista fisico, ad esempio nel basket in carrozzina, il controllo della carrozzina e della palla, la capacità di muoversi e manovrare in campo, danno ai ragazzi più forza, fiducia e autonomia — qualità che poi si riflettono nella vita di tutti i giorni. Tutto ciò che si impara in palestra si traduce in benefici concreti nella gestione quotidiana della propria disabilità.
Lo sport permette una vita migliore, sia fisicamente che mentalmente. Ma il beneficio più bello riguarda le famiglie che vedono il proprio figlio protagonista nel mondo dello sport. Le famiglie diventano parte attiva di questo percorso, partecipano, sostengono, si emozionano.
Abbiamo, ad esempio, un gruppo nel quartiere San Paolo con 30 ragazzi in campo: è il risultato del grande lavoro dell’HBari 2003 e soprattutto dei tecnici, che sono una parte fondamentale per il supporto ai ragazzi e alle famiglie. 

Che ruolo hanno istruttori e tecnici nel percorso sportivo dei ragazzi?
Il cuore, prima di tutto. L’istruttore deve avere una sensibilità maggiore rispetto a chi lavora con ragazzi non disabili. Sia la disabilità fisica che quella intellettiva richiedono un tecnico che conosca a fondo le problematiche dei partecipanti, non solo dal punto di vista fisico ma anche psichico e morale.
Un buon tecnico deve essere competente nella disciplina sportiva, ma anche sensibile, capace di capire i limiti e le potenzialità di ciascun atleta con disabilità.

Parliamo invece di disabilità intellettiva. In che modo le ASD sostengono oggi queste persone?
Anche qui il problema principale è quello dei costi. In un’attività di minibasket per ragazzi non disabili basta un operatore ogni 20 bambini; per lo stesso numero di ragazzi con disabilità intellettiva, soprattutto autistica, servono invece 7 o 8 operatori. Questo significa costi molto più alti, spesso superiori alle possibilità economiche di una ASD.
È necessario che i Comuni e le istituzioni diano un sostegno concreto, soprattutto nelle città più grandi come Bari.
Noi abbiamo costi diretti per operatori, tecnici, formazione sul primo soccorso, attrezzature, consulenze fiscali… oggi una ASD è diventata a tutti gli effetti una piccola azienda. E gestirla senza supporto economico è sempre più difficile.

Le istituzioni locali e regionali offrono un sostegno sufficiente al movimento paralimpico? 
La Puglia è una delle regioni che pone più attenzione alle attività paralimpiche. Grazie alla squadra di dirigenti che opera qui, possiamo contare sul sostegno concreto della Regione, sia in termini di contributi economici sia per quanto riguarda le attrezzature e i progetti. Parliamo di ausili, carrozzine sportive, attrezzi che servono per svolgere le attività paralimpiche. 
È una Regione attenta alle esigenze di tutti, ma con una particolare cura verso il mondo paralimpico.

Come Presidente di CIP Puglia quali sono le principali priorità, progetti di sviluppo per lo sport paralimpico?
Proprio ieri abbiamo raggiunto un grande risultato: l’autorizzazione definitiva per la ristrutturazione del bocciodromo del Parco 2 Giugno. È stato un traguardo importante, frutto di tre mesi di impegno costante per sbloccare una situazione ferma da oltre dieci anni. Questo grazie anche alla collaborazione dell’ingegnere Amato e di tutta la squadra del CIP Puglia.
Il nostro obiettivo ora è sviluppare meglio il territorio, creare più opportunità, dare maggiore impulso alle ASD locali per accogliere ragazzi con disabilità che vogliono avvicinarsi allo sport paralimpico. Il mio impegno è girare tutta la Puglia, affrontare le sfide e far capire agli amministratori comunali che lo sport paralimpico ha bisogno di risorse e attenzione. Vogliamo essere protagonisti nella nostra regione.


Quanto è diffusa in Puglia la partecipazione di persone con disabilità alle attività sportive?  Quali sono le discipline più praticate?  
Durante l’estate abbiamo organizzato diversi campus sportivi, da giugno fino a fine settembre. Queste iniziative hanno permesso a molti ragazzi con disabilità fisica e intellettiva di conoscere e provare varie discipline.
Le federazioni stanno lavorando molto bene: la FISDIR, la FISPES, il tennis e il padel, la pesistica, la scherma, ci sono tante realtà attive. E ciò che fa davvero la differenza sono i tecnici: nel mondo paralimpico serve il cuore, e noi abbiamo la fortuna di avere tecnici con grande passione e dedizione, fondamentali per far crescere i nostri atleti.

C’è qualche risultato recente che vuoi condividere con noi e che rappresenta un motivo di orgoglio per lo sport paralimpico pugliese?

Ieri abbiamo festeggiato la Coppa Italia vinta dalla squadra di calcio A5 non vedenti con il sindaco Leccese, presso il Palazzo di Città. Presente anche il presidente nazionale della FISPIC, che rappresenta il calcio non vedenti, insieme al presidente regionale e al municipio2 cui fa capo l'associazione che ha vinto la Coppa Italia. Abbiamo festeggiato tutti insieme questo grande risultato, ma soprattutto abbiamo dato una spinta allo sport paralimpico.

Quale messaggio vuoi lanciare a chi si avvicina per la prima volta al mondo dello sport paralimpico? 
Il mio invito è semplice: iniziate a praticare lo sport paralimpico. La nostra segreteria del CIP è sempre a disposizione. Abbiamo appena firmato il contratto di locazione per trasferirci da brindisi a Bari. Questo ci permetterà di lavorare meglio e di essere più presenti sul territorio.
Chiunque voglia conoscere una disciplina può visitare il sito del CIP (https://www.comitatoparalimpico.it/organizzazione/territorio/comitati-regionali/item/comitato-regionale-puglia.html), oppure contattare la nostra segreteria via mail (puglia@comitatoparalimpico.it)  o telefono. Saremo felici di dare tutte le informazioni necessarie sulle attività e le opportunità sportive presenti in Puglia.